THOMAS HOBBES

THOMAS HOBBES

 Hobbes nasce nel 1588 a Westport, in Inghilterra. Appassionato studioso di lettere classiche divenne presto un conoscitore profondo della lingua greca e latina. Terminati gli studi universitari ad Oxford, nel 1608 diventa precettore presso la casa dei Cavendish, potente casata inglese. Nel 1610 intraprende il suo primo viaggio nel continente europeo e ne seguiranno altri due nel 1629 e 1634: quest’ultimo è particolarmente importante perché gli darà modo di conoscere personalmente Galileo Galilei, di cui diventa ammiratore considerandolo il fondatore della nuova fisica. Dal 1640 al 1651 vive a Parigi in esilio volontario: nel 1642 dà alle stampe il “De Cive”, mentre nel 1646 svolge l’attività di precettore per Carlo Stuart. Nel 1651 pubblica la sua opera più importante: il “Leviatano”. Tornato in Inghilterra continuerà i suoi studi e le sue pubblicazioni a Londra fino al 1679, anno della sua morte. 

 PENSIERO 
 Una delle basi principali del pensiero politico hobbesiano poggia sul netto rifiuto della tesi aristotelica che considera l’uomo un “animale politico”: nel “De Cive” il filosofo inglese nega l’esistenza di un naturale sentimento di amicizia tra gli uomini, per cui alla base della tendenza degli esseri umani ad associarsi ci sarebbe soltanto il mero bisogno. Hobbes individua, dal canto suo, due principi dai quali fa discendere l’intera scienza politica: la bramosia naturale e la ragione naturale. In una condizione presociale e naturale la bramosia naturale è quella che spinge gli uomini ad assicurarsi la sopravvivenza agendo in maniera egoistica, ciascuno facendo di tutto per assicurare a sé stesso i beni necessari alla sopravvivenza. L’insufficienza di questi beni, però, porta ad un’accanita competizione tra gli uomini che rende lo stato di natura una situazione di incessante guerra di tutti contro tutti che, se protratta nel tempo, può addirittura portare all’estinzione della specie. Per Hobbes questa situazione così estrema esiste, però, solo sul piano della mera ipotesi razionale, per il semplice fatto che, in caso contrario, l'uomo andrebbe a perdere il suo bene primario, cioè la vita. In base al secondo principio hobbesiano, quello della ragione naturale, gli uomini tentano in tutti i modi di sfuggire al rischio della morte violenta. Gli esseri umani sono in grado di uscire da questa guerra di tutti contro tutti facendo leva su alcuni istinti quali, appunto, quello di procurarsi quanto necessario alla sussistenza evitando però la guerra continua ed il rischio della vita, e la ragione. La ragione proibisce a ciascun individuo di fare ciò che può provocare la distruzione della vita, consigliandogli invece di agire in modo che questa si conservi al meglio. Nel “Leviatano” Hobbes elenca diciannove Leggi di natura, di cui le più importanti sono le prime tre: la prima impone di sforzarsi di cercare la pace ma, qualora questa sia irraggiungibile, di servirsi di tutti gli strumenti della guerra; la seconda impone al singolo di rinunciare alle proprie pretese sui beni comuni solo nel caso in cui anche gli altri soggetti siano disposti a fare altrettanto; la terza legge prevede che, una volta che tutti i singoli abbiano di comune accordo rinunciato alle proprie pretese, ciascuno di essi rispetti gli accordi presi. 

 LO STATO E L'ASSOLUTISMO Le leggi di natura dettate dalla ragione non sono però in nessun modo assolute né vincolanti, ma semplicemente “prudenziali”. Di fatto, non c’è nulla che assicuri che queste regole siano effettivamente rispettate. L’unico modo per rendere queste norme effettivamente rispettate è quello di costituire un potere tanto forte da rendere assolutamente sconsigliabile qualsiasi azione contraria: lo Stato. Il passaggio dallo stato di natura allo Stato civile è quindi il trasferimento del potere illimitato di cui ogni essere umano gode nello stato di natura ad una singola persona in grado di obbligare tutti gli uomini al rispetto delle leggi. Hobbes però non pensa che il diritto possa o debba essere trasferito esclusivamente ad un monarca, ma anche ad un’assemblea. In ogni caso questo patto sociale non viene stretto tra i sudditi ed un sovrano (o assemblea), ma tra i soli sudditi che trasferiscono ad un soggetto esterno i loro diritti. Chi rappresenta lo Stato è il sovrano, o Leviatano, che ha potere su tutti gli altri che sono solo dei sudditi.

Commenti

Post popolari in questo blog

IMMANUEL KANT

CARTESIO E LA RICERCA DEL FONDAMENTO DEL SAPERE

DAVID HUME